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Replying to Tentativi di depistare il futuro erede

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  1. Posted 21/2/2016, 17:09
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    Nick autore: TatsuEigo
    Fandom: Touken Ranbu
    Titolo: Tentativi di depistare il futuro erede
    Personaggi: Heshikiri Hasebe, Oc Saniwa, Shokudaikiri Mitsutada, Mikazuki Munechika, Hotarumaru, Tsurumaru Kuninaga, Yamatonokami Yasusada, Kashuu Kiyomitsu, Ichigo Hitofuri, Uguisumaru, Nikkari Aoe, Horikawa Kunihiro, Kogitsunemaru, Higekiri, Sayo Samonji, Souza Samonji, Kousetsu Samonji, Izuminokami Kanesada.
    Pairing: MitsutadaSaniwa, HasebeSaniwa
    Genere: Drammatico, Guerra, Storico
    Avvisi: AU, violenza
    Rating: giallo
    Parole: 6000
    Prompt:Dinastia, figlio illegittimo, intrigo di potere, prova compromettente




    Giappone, anno 1435. In uno dei tanti palazzi appartenenti a famiglie ricche, a dinastie destinate a venir preservate per molto tempo ancora, Meroko Heshikiri, nata Kaneka, sedeva nel proprio studio; era vietato a chiunque entrarvi, pure al marito Hasebe, se non su suo espresso permesso e nonostante a palazzo avessero i servi che si occupavano di pulizie e quant'altro, solo lei le faceva lì.
    Non che tenesse cose di chissà quale importanza al suo interno, però era il suo angolo di paradiso, quello dove poteva sfuggire dai doveri di moglie di un capo dinastia come Hasebe, dove poteva essere una donna normale e non doversi tenere tutto dentro... Perché anche se davanti a tutti si mostrava forte, come tutte le donne normali, anche lei aveva momenti no, o che comunque la buttavano giù di morale e, solo in quella stanza, riusciva a sfogarsi come doveva. Meroko aveva ventisette anni, capelli lunghi neri e occhi verdeacqua: la mano destra teneva in mano un pennello e oltre la pergamena, vi era una boccetta con dell'inchiostro; la mano sinistra era posata sul ventre pronunciato: era in dolce attesa del primogenito, che però era frutto di una delle sue scappatelle con l'amante Shokudaikiri.
    Sospirò lievemente, mentre la mano accarezzava distrattamente il ventre: era da un'ora bloccata così; si era decisa a scrivere una lettera all'amante, chiedendogli scusa se aveva troncato in quel modo i loro rapporti... Il problema di fondo era che non sapeva bene cosa scrivere, non era così facile dopotutto: per fortuna Hasebe non aveva mai dubitato che quello non fosse figlio suo; era da tempo che lui la pressava e ora che finalmente era rimasta incinta, il marito ne era rimasto così entusiasta, che Meroko non aveva avuto la forza di dirgli la verità.
    - Scusami piccolo se ti faccio passare tutte queste pene: dovresti vivere una vita felice, ma temo che non sarà così, se si scoprirà che sei figlio illegittimo di Hasebe-san. - Non era che si pentisse di ciò che era successo con Shokudaikiri, però... Forse non era giusto tutto quello; forse non doveva scrivere quella lettera: se qualcuno l'avesse trovata? Se fosse finita in mani sbagliate? Spostò lo sguardo sulla propria mano, con fare determinato: al diavolo! L'avrebbe scritta e se fosse successo qualcosa, beh... Si sarebbe inventata qualcosa: non ce la faceva più a tenere dentro quelle parole.

    | Kyoto, 27 luglio 1435

    Caro Mitsutada,
    Mi dispiace moltissimo se ti ho ferito in quel modo: quando ci siamo imbarcati in questa relazione sapevamo benissimo entrambi che prima o poi sarebbe dovuta succedere una cosa simile; me ne sono andata come una codarda, lasciandoti ferite aperte nel cuore.
    Se ti sto scrivendo questa lettera, è perché ho delle confessioni da farti, ma sarebbe troppo pericoloso incontrarci per dirtele in faccia. Prima tra tutte: ciò che abbiamo fatto assieme non lo considero un nulla... Ti ho amato davvero, ma le nostre strade non erano destinate a essere percorse assieme: io ero già sposata, tu invece no. So che mi amavi davvero e ti giuro su tutto ciò che ho, che la stessa cosa valeva anche per me.
    Non ti ho mai usato: ero sempre felice quando dovevamo incontrarci e sinceramente non vedevo l'ora; certe volte ripenso ancora ai momenti passati assieme e quasi me ne pento: lo so che ho appena detto che ti amavo davvero, ma è perché ti ho fatto soffrire inutilmente... Se avessi rifiutato le tue avanches forse sarebbe stato più semplice e tu avresti sofferto di meno, invece ho ceduto ed ecco dove ci ha portati il fato.
    La seconda cosa che ti volevo confessare è che... Sono incinta: da quando abbiamo troncato non ci siamo più visti, forse tu mi hai vista di sfuggita mentre camminavo a fianco di mio marito, ma non si vedeva sicuramente il fatto che ero in dolce attesa.
    Conoscendoti, immagino che, mentre starai leggendo, ti chiederai perché te lo sto confessando: a te di certo non importa, al massimo saresti felice per me. La verità è solo una ed è proprio quella che mi accingo a scriverti: il bambino in realtà è tuo; come posso esserne così sicura? Nell'ultimo periodo io e Hasebe non stavamo facendo sesso, a causa dei suoi continui impegni, mentre con te lo facevo... Credo che la cosa sia successa la terza volta che lo abbiamo fatto e ora sono al sesto mese di gravidanza.
    Mentre sono qui che ti scrivo lo sento scalciare un po': forse è perché sente come sto io, oppure perché sto scrivendo proprio a te, chissà. Purtroppo per non creare scompigli, ho dovuto fingere che fosse di Hasebe e lui per fortuna sembra avermi creduto: se scoprisse la verità probabilmente ti farebbe giustiziare; conosco fin troppo bene la sua gelosia e non accetterebbe mai una cosa simile... Io, in ogni caso, terrò sempre la bocca chiusa e nessuno ti disturberà per questo motivo.
    Pensavamo di chiamarlo Mikazuki: è un bel nome, non trovi? Certo, dovresti essere tu a sceglierlo, però non hai diritti su di lui e la cosa mi dispiace non poco: in qualche modo mi piacerebbe scoprire come la pensi, sai?
    Sono certa che mi odi e non ti posso biasimare: non mi meritavo davvero il tuo amore e ti ho trattato così: sono una donna davvero indegna, perdonami, se mai potrai o solo riuscirai a farlo. Almeno lui non dovrai odiarlo: non è colpa sua se è successo tutto questo casino e non c'entra nulla; io non lo considero un incidente di percorso e purtroppo Hasebe è convinto sia suo: almeno non mi ha costretto ad abortire, dato che era da molto che mi pressava per fare un figlio, che sarebbe poi dovuto diventare l'erede.
    Mi sento una tale stupida: con questa lettera penso, anzi spero, di mettere in pace il mio cuore e i miei sentimenti, ma so che non succederà: andrò avanti così, con il rimorso di non averti fatto conoscere TUO figlio biologico... Non sono degna di farlo nascere, eppure ormai la data è già fissata...
    Ho paura e scusa se ti tedio con questo discorso: non credo riceverai più mie notizie, non in tempi brevi per lo meno, ammesso e concesso che questa lettera arriverà mai tra le tue mani.

    Con amore,
    Meroko. |

    Verso la fine le mani le tremavano vistosamente e la cosa si poteva benissimo capire anche da come erano scritte le ultime frasi: i kanji erano ancora leggibili, ma il tratto era tutto tremolante. Sentiva chiaramente il bambino scalciare, mentre lacrime amare continuavano a solcarle il viso: aveva fatto davvero bene?
    Si fece coraggio e arrotolò la pergamena, fermandola con un laccio, a cui poi applicò il simbolo della loro dinastia, fatto in ceralacca: quel simbolo raffigurava un uomo e la sua spada; a prima vista poteva non sembrare molto originale come trovata, però aveva il suo profondo perché e, per di più, non era comune.
    Posò la lettera in uno scrigno, che si trovava in uno dei cassetti della scrivania, alzandosi infine con cautela ed uscì: prima di tornare in camera, chiuse la porta dello studio a chiave, un po' sollevata... Era come se, avendo messo nero su bianco quello che le frullava per molto per la testa, si fosse liberata di un enorme peso.

    Il 15 settembre 1435 si presentava come un giorno tranquillo: il solo splendeva su Kyoto, mentre le attività della loro dinastia continuavano ad andare avanti indisturbate; Meroko, ormai con un bel pancione, veniva sempre aiutata dai bonzi reali: Souza, Kousetsu e Sayo... Non le facevano mancare nulla e accorrevano da lei ogni volta che aveva bisogno: era quello il loro lavoro dopotutto.
    Il risveglio della gestante fu brusco: un forte dolore al ventre la mandò nel panico: era arrivato il momento? Portò istintivamente una mano al pancione e guardò vicino a sé, sospirando lievemente: Hasebe era già andato a svolgere il suo lavoro; stava per richiamare uno dei bonzi, ma proprio in quel momento sentì qualcuno bussare alla porta, così diede il permesso di entrare.

    "Meroko-san come state? Vi ho portato la colazione." non era povera come colazione: il raccolto era andato bene, quindi c'era riso, vari cereali e altre cose, colte da Souza stesso.
    "Mh, mi dispiace, ma credo che per ora non mangerò: non mi sento molto bene; potresti andare a chiamare le nutrici? Non ne sono sicura, ma credo che ormai sia arrivato il momento." il volto della donna si trasformò in una piccola smorfia di dolore all'ennesima contrazione.
    Souza annuì e appoggiò il vassoio sulla scrivania. "Vado subito, non preoccupatevi, Meroko-san!" uscì in fretta e furia dalla stanza, andando a chiamare le due nutrici che il capo aveva fatto arrivare apposta: doveva chiamare pure lui, ma lo avrebbe fatto dopo. "La Signora ha bisogno di voi: potrebbe essere vicina alla nascita del primogenito." disse in modo sbrigativo, procurando loro ciò di cui avevano bisogno. Alla fine andò dal Signore e, una volta che gli fu concesso di entrare fece un inchino. "Heshikiri-sama... Vostra moglie sta per partorire."
    Hasebe aveva sentito bussare e aveva fatto entrare Souza senza pensarci due volte: poteva essere qualcosa di importante riguardo la moglie e il bambino, oppure altro di meno importante. Si girò verso di lui e si alzò di scatto a quelle parole. "Vado subito: grazie per avermi avvertito!" Voleva esserle vicino: non poteva lasciarla sola in un momento come quello e al diavolo il lavoro; la famiglia in quel caso veniva prima di tutto. Raggiunse velocemente la stanza patronale, ponendosi accanto alla moglie.
    "Hasebe... Sono felice che tu sia qui ad assistermi." sorrise, mentre cercava di mantenere un ritmo regolare del respiro, anche se non era facile.
    "Come potevo mancare? Questo è un avvenimento così importante per noi." le spostò un ciuffo di capelli dalla fronte, baciandola dolcemente. "Vedrai che andrà tutto bene e darai vita ad un bambino bellissimo." Le sussurrò dolcemente all'orecchio, posando una mano vicino alle sue, affinché potesse stringerla se ne sentiva la necessità.
    "Hanno detto che potrebbe nascere anche tra alcune ore, ma io non ce la faccio già più..." mormorò, appoggiando il viso alla spalla del marito, lasciandosi sfuggire un gemito di dolore e andando a stringere la sua mano. Era davvero giusto tacere ancora sul vero padre di quel bambino? Aveva paura che non l'avrebbe presa affatto bene, quindi era meglio fare finta di nulla. "Ti amo" disse infine con un sorriso.
    "Non ti preoccupare: passerà in fretta; poi starai benissimo e ti prenderai cura solo di lui, senza pensieri che ti opprimono." le accarezzava affettuosamente i capelli: di solito non era così, però quella era una situazione davvero particolare, non poteva farci nulla.
    Passarono, fortunatamente, solo tre ore, prima che il parto iniziasse sul serio: il dolore era ancor più insopportabile, ma la sola presenza di Hasebe la faceva stare meglio, nonostante stesse rischiando di rompergli una mano, da quanto la stringeva forte.
    Spinse quando le veniva detto e quando finalmente il pianto del bambino si fece sentire, sospirò sollevata, ma al contempo distrutta: era stato davvero difficile e per qualche motivo spesso, in quegli attimi si era ritrovata a pensare che non ce l'avrebbe fatta.
    Si abbandonò sul materasso, mentre una delle due donne ripuliva il piccolo Munechika e l'altra si occupava di lei; quando ebbe tra le braccia quella piccola creatura, Meroko scoppiò a piangere: era così felice!
    "Abbiamo un bambino stupendo, cosa ne pensi?" mentre lo diceva accarezzava con molta attenzione una guancia del loro piccolino: non si pentiva di certo di averlo tenuto e era stata fortunata a non avere un aborto spontaneo o una qualsiasi complicanza.
    "Sì: è bellissimo... Grazie per avermi fatto questo grande dono: ora abbiamo l'erede, sono davvero felice."

    Guardava quel fagottino con un dolce sorriso sulle labbra: ora era più tranquillo: il prossimo figlio potevano anche farlo con calma, non c'era più tutta quella fretta. Rimase tutto il giorno con la moglie e il bambino, cullandoli entrambi spesso, per far sentire loro quanto li amasse. Il giorno dopo si diede subito da fare: doveva pensare a quando annunciare la nascita e festeggiare, a quando farne il battesimo e tanto altro.
    Di certo avrebbe aspettato che Meroko si riprendesse dal parto, il che sarebbe successo in circa una settimana, non subito. Quei primi giorni passarono tranquilli: il bambino mangiava molto, sembrava vivace e Meroko gli dava tutto l'amore di cui necessitava, assieme a Hasebe; quando il marito non c'era se ne andava nel proprio studio con il piccolo e gli parlava dolcemente, raccontandogli cose del vero padre: non le avrebbe mai ricordate, dato quanto era piccolo e in fin dei conti era giusto così. Lo teneva per ore stretto a sé, quasi a volerlo proteggere da una minaccia misteriosa, nascosta nell'ombra, che sembrava minacciarli costantemente... Aveva un brutto presentimento, ma era sicuramente la sua immaginazione: lì erano entrambi al sicuro, nessuno avrebbe fatto loro del male.

    "Sei davvero un bambino fortunato, Jiji." giocava con le sue manine e inconsciamente disse quel nomignolo: non sapeva nemmeno perché, ma le era venuto in mente in quel momento, guardandolo ridersela.
    "Meroko-san...? Siete lì dentro? Heshikiri-sama Vi vorrebbe parlare." quella volta fu il più piccolo dei bonzi reali a parlare.
    Meroko ne riconobbe subito la voce e si alzò sospirando. "Vado subito da lui, grazie per avermi avvertita, Sayo-kun." disse, dopo aver aperto la porta e sorridendo al ragazzino. "Torna pure a fare ciò che devi." con una mano si azzardò a fargli una lieve carezza sui capelli, prima di avviarsi verso la stanza dove sapeva che c'era Hasebe. "Posso entrare?" chiese dopo aver aperto leggermente la porta: sapeva che odiava se entrava così all'improvviso in quella stanza, per quel motivo ogni volta gli chiedeva il permesso, anche quando era stato proprio lui a chiamarla.
    "Certo, entra pure." mise da parte varie pergamene che stava controllando, girandosi infine verso lei e il piccolo Munechika. "Siediti se sei stanca: devi riposare ancora, nonostante siano passati alcuni giorni dal parto." il tutto era stato detto con una certa premura nella voce; non voleva di certo che stesse male.
    "Non ti preoccupare: apprezzo la tua preoccupazione, ma sto bene, te lo assicuro." non le avrebbe di certo fatto male restare in piedi, a meno che non fosse una cosa che richiedesse molto tempo. "Se prendesse molto tempo però, credo che mi siederò, se non ti dispiace." gli si avvicinò e gli rubò un bacio, in attesa di una risposta.
    "Sono cose importanti, quindi forse dovresti sederti, sì." non che fossero shockanti, ma non aveva idea di quanto tempo avrebbero impiegato a parlarne. "Volevo discutere un po' dell'educazione di Munechika, della festa che indirremo per la nascita, con il resto della nostra famiglia." iniziò a spiegare, mentre vedeva Meroko andare a sedersi sulla sedia libera.
    "Di già? Per l'educazione è ancora piccolo: non vorrai mica iniziare subito spero!" il resto aveva anche senso, ma quello proprio no e la cosa la preoccupava un po', anche se si fidava ciecamente di lui.
    "Certo che no: non capirebbe, quindi inizierà tra qualche anno, ma dovremmo deciderla insieme, non credi?" forse non era ancora il momento adatto, però... Prima la stabilivano, meglio era.
    "Capisco: in tal caso va bene; mi ero preoccupata un po', dato quant'è piccolo." Mentre parlava si cullava il bambino al petto, con un sorriso dolce sulle labbra: avrebbe vissuto la sua vita in un ambiente più o meno tranquillo, per lo meno era ciò che sperava; sarebbe comunque stato stressante prendere il posto del padre, però era quello il suo destino. Sperava solo che nessuno sarebbe venuto a conoscenza di quel piccolo segreto o sarebbe successo di certo il finimondo.
    "Naturalmente verrà aiutato da me per quanto riguarda tutta la parte sul come essere un ottimo capofamiglia: per l'istruzione pagheremo una persona affinché gli dia lezioni private sui temi più importanti di cui dovrà essere al corrente e per tutto in generale, se vorrà potrà avere un hobby, ma non dovrà distrarlo troppo dai suoi doveri; gli imbastiremo la giornata in modo che abbia un po' di respiro, ovviamente: pressarlo in continuazione non porterà a nulla di buono e di certo non voglio farmi odiare" iniziò a parlare in fretta e non era certo che la moglie avesse percepito davvero tutto, però la sua espressione diceva ben altro.
    "Sapevo benissimo che essere il primogenito di una dinastia come la nostra sarebbe stato pesante per lui, ma non immaginavo così tanto: sarà comunque un bambino, eppure non potrà affatto comportarsi come tale, anzi; dovrà già mostrare di poter sostituirti al meglio." un gemito strozzato uscì dalle labbra di Meroko: strinse piano a sé il piccolo, che se la stava dormendo accoccolato al suo petto e gli diede un lieve bacio sulla fronte.
    "Capisco come tu possa sentirti: vuoi solo il meglio per lui, ma in questo modo non faremo altro che prepararlo; lo capisci benissimo anche tu che non possiamo andare avanti così: prima o poi dovrò andare in guerra anch'io e lui... Sai cosa dovrà fare."

    Non voleva buttarla giù di morale, ma purtroppo era così che doveva parlare. Le parlò ancora per un'ora, ascoltando tutto ciò che aveva da dire, in base alle proprie idee. Era difficile farle accettare tutto quello, ma non era mica colpa sua se le cose stavano in quel modo.
    Alla fine Meroko uscì da quella stanza con le idee ancor più confuse di prima: si ritirò nella stanza patronale e si distese sul letto a baldacchino, dopo aver posato il figlioletto in quello che avevano messo lì vicino, in modo da non doversi nemmeno alzare, se lui si fosse messo a piangere durante la notte. Nonostante la stanchezza che accusava non riuscì a chiudere occhi, nonostante lei stessa non se ne spiegava il perché: quello era tutto nella norma, doveva smetterla di essere così ansiosa, non sarebbe successo nulla di male dopotutto. Alla fine chiuse occhio poco prima di cena e quando fu ora sospirò lievemente, alzandosi e mettendosi a posto i capelli, prima di prendere il piccolo e scendere a cenare. Ora che aveva partorito era tornata a mangiare non molto: in gravidanza aveva preso sicuramente dei chili, quindi voleva perderli, anche se il suo corpo non ne risentiva di certo: non era per nulla ingrassata troppo, ma il giusto per una donna incinta.

    Passarono ancora una decina di giorni, prima che facessero la festa con i vari parenti: venne pensata in ogni minimo dettaglio, dal vestitino del piccolo Munechika, al cibo, dai parenti da invitare, agli addobbi per il palazzo... Non mancava proprio nulla. Meroko indossava il miglior kimono cerimoniale che aveva a disposizione e la stessa cosa il marito, entrambi decorati con molta accortezza e con i dettagli ricamati in oro. La capigliatura di Meroko aveva richiesto letteralmente delle ore per essere arrangiata: i capelli lunghi della signora avevano reso il tutto più difficile, ma alla fine ne era uscito uno splendido chignon, che lasciava ricadere delle ciocche di capelli dietro le orecchie e delle matite erano inserite tra i capelli, per tener fermo lo chignon. Il piccolo invece indossava a sua volta un kimono da cerimonia, creato proprio qualche giorno prima su espressa richiesta dei due neo genitori.
    Gli occhietti vivaci color ambra del bimbo si muovevano, cercando di catturare tutte quelle immagini che vedeva e quelle persone che parlavano con i due genitori: le manine erano chiuse a pugnetto e di tanto in tanto si muovevano verso il viso della madre. Ogni tanto faceva qualche versetto, soprattutto quando quegli sconosciuti cercavano di accarezzarlo: perché non lo lasciavano in pace? Era un normalissimo bambino, non ne avevano mai visti?
    La festa procedeva del tutto tranquilla, c'era un gran via vai di persone all'interno del palazzo: alcune zone erano adibite a persone al di fuori di parenti vari, come ad esempio qualche esponente di altri clan, i più fidati, ovviamente.
    Tutti si complimentavano con la coppia e Meroko, mentre passeggiava per il palazzo da sola, notò una figura ben conosciuta tra tutte quelle persone: sbiancò letteralmente... Cosa ci faceva lì Shokudaikiri? Era forse pazzo? Se ne stava in un angolo di una delle sale, guardandosi attorno, mentre lei cercava di attirarne l'attenzione: doveva assolutamente parlargli, qualsiasi cosa potesse succedere. Alla fine gli passò davanti facendo finta di non vederlo, ma lasciò ben intendere che doveva seguirla: un sussurro molto basso, in modo che potesse sentirla solo lui.
    Continuò a camminare, accertandosi solo di tanto in tanto che l'amante la stesse seguendo: ovviamente Shokudaikiri, molto intelligentemente lo faceva, ma a una certa distanza, in modo da non destare sospetti; ne sarebbe uscito un vero e proprio scandalo altrimenti, dato il ceto basso da cui proveniva lui. Alla fine Meroko raggiunse il proprio studio, facendo entrare velocemente l'amante e lo chiuse a chiave, dopo essersi accertata che nessuno se ne fosse accorto.

    "Shokudaikiri...!" mise il piccolo nella culla e si avvicinò a lui, abbracciandolo di slancio per un attimo, staccandosi infine. "Cosa... Cosa ci fai qui? Sei in pericolo...!" si morse il labbro inferiore e abbassò lo sguardo: non glielo aveva detto, né aveva spedito quella lettera, quindi non sapeva nulla.
    "Nessuno si è mai accorto delle nostre scappatine, non ti preoccupare così tanto: volevo solo venire a congratularmi con te per il piccolo." non aveva colto ciò che intendeva lei in realtà e non sapeva se fosse stato un bene o no.
    "Io... Scusami: sono sparita così all'improvviso senza dire nulla, incapace di affrontarti a faccia a faccia..." la voce di Meroko tremolava un po', mentre le mani si chiudevano a pugno lungo i fianchi. "Sono una codarda, ma l'ho fatto anche per te: non volevo metterti ulteriormente nei guai; non è stato un errore ciò che è successo tra di noi, però capisci anche tu quanto sia sempre stata delicata la situazione." l'altro non era stupido e forse il suo unico vero difetto era che non facesse parte di una dinastia, o che comunque non avesse un ruolo di una certa importanza a quel tempo.
    "Meroko: calmati." si avvicinò a lei di qualche passo e le prese il viso tra le mani, costringendola a guardarlo negli occhi. "Non sono qui per rinvangare il passato o cose simili: la mia intenzione era solo quella di vederti, farti gli auguri per il tuo primogenito e poi andarmene; non ho alcun diritto di stare qui tra tutti voi che avete ranghi molto alti." si sentiva decisamente a disagio tra tutte quelle persone e in molti lo avevano osservato male, riconoscendolo. "Spero tu sia davvero felice con tuo marito, tutto qui. Se è così, tanto meglio per voi: i figli di solito non si fanno per tappare una mancanza nella vita di coppia." era davvero convinto di ciò che aveva sentito dire da molti: non immaginava minimamente che in realtà Munechika potesse essere suo figlio.
    "..... Sono una stupida: scusami ancora; mi amavi veramente ed io invece ho tradito i tuoi sentimenti, anche se sapevamo entrambi che sarebbe finita così: hai sofferto di sicuro e io non me ne sono pentita: sono davvero pessima." cosa stava dicendo? Non sarebbe stato ciò che doveva dire: la lettera diceva ben altro, ma era giusto dargliela? Ormai non aveva più alcun senso anche il solo averla scritta; era meglio lasciarla a fare la polvere nel cassetto dove l'aveva nascosta.
    "Non ti sentire in colpa: sono stato io lo stupido a crederci davvero, nonostante fosse palesemente impossibile che sarebbe successo... Non mi pento però di ciò che è successo e ora sparisco dalla tua vita, com'è giusto che sia." si avviò alla porta con un lieve sorriso. "Non stare in pena per me: starò bene."

    Non la salutò sul serio, dato che non aveva idea di cosa dire, quindi aprì la porta e se ne andò, senza aggiungere altro: dire quelle parole gli era costato davvero molto, ma doveva solo accettare la cosa e rivederla, in quel momento, non era stata un'idea geniale. Meroko si limitò ad osservarlo andarsene e si passò per un momento una mano tra i capelli, prima di riprendere in braccio il piccolo e uscire, tornandosene dal marito.
    Il tempo passava e dopo due anni nacque il secondogenito: decisero di comune accordo di chiamarlo Tsurumaru e inizialmente Munechika non ne sembrava molto entusiasta: come qualsiasi bambino piccolo faceva spesso i capricci per le attenzioni dei genitori... Non voleva che si dimenticassero di lui! Era o no il primogenito? Anche lui aveva bisogno della loro presenza, non solo il nuovo arrivato. Le cose peggiorarono due anni più tardi, quando la madre morì mentre dava alla luce il terzo figlio, di nome Hotarumaru.
    Fu un grosso colpo per tutti, dal marito a tutta la dinastia: tre figli bastavano e avanzavano, ma quando erano insorti problemi durante quel terzo parto e alla fine le nutrici gli avevano annunciato che era morta... Hasebe si era sentito svuotato di tutto; non aveva mai pensato alla morte di Meroko, più che altro alla propria, dato il ruolo che ricopriva e invece per prima era venuta a mancare proprio lei.
    Il funerale fu complesso da organizzare: per prima cosa la salma venne messa nella bara e bagnata con acqua e alcohol, per poi essere mostrato a parenti, amici e quant'altro in una forma come se fosse stata ancora viva. La cura della salma, anche se destinata alla cremazione, serviva perché prima di procedere all’incinerazione, si attendeva, attraverso la veglia, il distacco definitivo dell’anima dal corpo, un tempo lungo e lento che aiutava a riflettere, rendendo il dolore un nutrimento spirituale per chi rimaneva.
    Il funerale venne celebrato dal Kokubetsushiki e alla fine, il marito fu costretto a lasciare i tre figli ai bonzi reali, per assistere al Kasou, ovvero la cremazione, portando tutto ciò che era più importante per la moglie: prima che la bara venisse chiusa li posizionò tutti accanto alla salma della moglie, che indossava il kimono allacciato da destra a sinistra. Alla fine di quest'operazione fu mandato ad osservare tutto il procedimento da una finestrella dell'impianto di cremazione: la bara non venne chiusa con i chiodi, ma semplicemente a pressione e venne messa su un carrello, che fu spinto, infine, nel forno.
    Il tutto fu particolarmente straziante e aveva fatto una scelta più che saggia, lasciando i bambini ai bonzi: era un rito particolarmente pesante e d'impatto, non potevano sopportarlo così piccoli. Quando gli fu concesso, con le bacchette prese le varie ossa, che poi avrebbe riposto in ordine nell'urna: per prima cosa quelle dei piedi e via via fino a quelle della testa. Alla fine l'urna venne coperta da un panno bianco e la portò direttamente al cimitero, alla tomba di famiglia: non voleva che i bambini la vedessero. Disse una preghiera e alla fine rientrò a casa, distrutto: doveva anche organizzare la cena per "condividere" il dolore di quella perdita e in quel momento non ne aveva molta voglia: voleva solo poter chiudersi in camera a piangere in santa pace.
    I fratelli Samonji lo videro rientrare, ma decisero di tenere ancora i tre piccoli: era chiaro quanto il loro Signore fosse scosso da quella morte e che aveva bisogno di starsene un po' da solo, senza persone che lo disturbassero... Solo verso sera Souza osò andare a bussare alla porta della sua camera: magari si era addormentato, o non voleva proprio fare quella cena, per quella sera?

    "Hasebe-sama... Ci siamo permessi di preparare il cibo per la cena: ve la sentite, o volete rimandare a un altro giorno?" la voce tradiva un filo di preoccupazione, che era perfettamente legittimo, data la situazione.
    "Arrivo, grazie per avermi svegliato: potreste cambiare i bambini con delle cose adatte alla situazione? Io mi cambio e ci sono." era l'unica altra richiesta che aveva per quei tre: erano stati sempre così disponibili e affidabili... Lui invece in quel momento non era molto lucido, il dolore gli annebbiava la mente.
    "Certo Signore, quando scenderete, li troverete pronti." Souza scese dai fratelli e, prendendo in braccio l'ultimo nato, salì nella loro cameretta, per cercargli un vestito cerimoniale adatto: fortuna che avevano già fatto fare dei vestiti su di misura anche per lui. Lo cambiò e alla fine, assieme a Sayo e Kousetsu scese nel grande salotto, dove Hasebe li aspettava.
    "Grazie mille per ciò che avete fatto: anche se è il vostro dovere, sento di doverlo dire." un sorriso tirato era apparso sulle sue labbra e si fece dare in braccio il neonato, mentre Tsurumaru e Munechika si sedevano ai suoi lati.
    "Cosa succederà d'ora in poi, Padre?" chiese Munechika, mentre fissava dritto davanti a sé, con il faccino contorto in una smorfia di dolore.
    Quella domanda lasciò interdetto Hasebe per qualche minuto: cosa doveva rispondergli? Doveva usare molto tatto, ma non aveva proprio idea di cosa rispondere. "Andrà tutto bene: ce la caveremo anche senza mamma e tu continuerai la tua istruzione per succedermi a capo della nostra dinastia." forse non era proprio ciò che il più grande voleva sentirsi dire, ma veramente... Era difficile.
    "Capisco... Spero che ovunque è mamma adesso, sia comunque felice: noi dobbiamo andare avanti in sua memoria e di certo non avrebbe voluto vederci così." simili parole erano strane pronunciate da un bambino di appena sei anni, ma ormai aveva già capito come andava quel mondo in cui vivevano e in cui avrebbe potuto perdere anche il padre, ogni secondo che passava.
    "Hai ragione: non dobbiamo dimenticarla, ma contemporaneamente dobbiamo andare avanti proprio per lei." cullava Hotarumaru nel frattempo, canticchiando qualcosa, in attesa dei vari parenti: prima arrivavano meglio era, eppure sembrava che non sarebbe stato così.
    "Sei un insensibile, Munechika! Come puoi dire cose simili, dopo così poco che mamma è morto? Ne sei felice per caso? In fondo non verrai più ignorato, dato che non avranno più figli." Tsurumaru non era stato in grado di restarsene con la bocca chiusa, nonostante il padre avesse dato ragione al fratello maggiore.
    "Non è affatto così! Dispiace moltissimo anche a me che mamma sia morta, non rompere!" gli lanciò un'occhiataccia: come si permetteva di parlargli in quel modo? Scosse per un attimo la testa, sospirando... Cosa voleva da lui? Insomma... Era la verità, anche se faceva male.
    "Certo, come no... Non farmi ridere." avrebbe aggiunto altro, ma un'occhiataccia e conseguente rimprovero da parte del padre, lo fecero zittire.
    "Tsurumaru, smettila! Anche tuo fratello è addolorato per la perdita, non accusarlo di cose infondate!" ci mancava solo che si mettessero a litigare proprio... Sospirò e alla fine si alzò, dato che stavano iniziando ad arrivare i vari parenti. "Non litigate davanti ai parenti, capito?" il tono di voce era severo e andò alla porta solo quando entrambi ebbero annuito.

    Alla fine la cena andò bene, senza litigi o incidenti: parlarono molto della defunta, ricordando momenti vari, che ognuno aveva vissuto con lei... Il dolore era ben visibile sulle facce di tutti i presenti, ma cercavano comunque di non darlo troppo a vedere, dato che era una cosa quasi indiretta per loro, anche se li toccava molto da vicino: tutti si erano rapportati con lei, in un modo o in un altro... Il tempo passava in fretta: i tre bambini ormai erano diventati grandi e le divergenze tra Munechika e Tsurumaru, con il passare degli anni erano solo aumentate; era forse geloso di tutte le attenzioni che riceveva il più grande? Per nulla: più che altro era sempre più convinto, dentro di sé, che tutta quella era una farsa, doveva solo trovarne le prove, o nessuno lo avrebbe mai ascoltato.

    "Hotarumaru ti andrebbe di darmi una mano a trovare una cosa?" Munechika era a una delle solite lezioni, quindi Tsurumaru aveva approfittato della cosa per cercare l'aiuto del fratellino: se cercavano in due sarebbe stato più veloce, no?
    "Mh?" il più piccolo alzò lo sguardo verso il fratellone, guardandolo con sguardo interrogativo. "Oh: certo, non ho nulla da fare ora come ora, quindi ti aiuto volentieri." Si alzò con un sorriso, avvicinandosi a lui. "Cosa dobbiamo cercare?" gli piacevano cose simili, quindi tanto meglio.
    "Qualsiasi cosa che possa testimoniare il fatto che Munechika non può essere il vero erede." spiegò in poche parole, scrollando le spalle: gli sarebbe andato ancora bene? Sperava di sì, altrimenti si sarebbe arrangiato da solo e tanti saluti. "Vuoi aiutarmi ancora? Se non ti interessa mi arrangio da solo, non ci sono problemi" sapeva di non poterlo costringere, quindi lasciò che ci pensasse con la propria testa.
    "Sei proprio in fissa con questa storia: sei geloso di lui per caso?" chiese, ma scrollò le spalle, deciso in ogni caso ad aiutarlo. "Qualsiasi sia il motivo per cui tu devi trovare questo documento o questa persona non m'importa più di tanto, perciò ti darò una mano." avrebbe occupato un po' del proprio tempo libero in fin dei conti.
    "Benissimo: tu vai a chiedere qui nel palazzo se per caso qualcuno è stato testimone di qualcosa, mentre io controllo un po' di stanze... Magari ha scritto qualcosa all'amante, per quello che possiamo saperne." sembrava davvero convinto che ci fosse qualcosa dietro tutto quello e lo avrebbe trovato ad ogni costo. "Sii molto discreto, mi raccomando: non fare domande troppo mirate o potrebbe scattare uno scandalo senza che ve ne sia davvero uno." tutto andava bene, ma fino ad un certo punto ovviamente: voleva evitare reali casini.
    "Si fratellone! Sarò il più discreto possibile, non preoccuparti!"

    Hotarumaru era entusiasta della cosa: anche se Tsurumaru era più legato a lui, era difficile che lo includesse nelle cose che stava facendo o che aveva intenzione di fare. Si divisero e Tsurumaru iniziò a cercare subito nelle loro camere: dubitava che, ammesso ci fosse una prova, l'avrebbe messa lì, ma non poteva escludere davvero nulla.
    Cercò in ogni singolo cassetto, angolo di stanza, ma non vi trovò nulla, come immaginava all'inizio: poco male, non si sarebbe arreso di certo, dato che stava cercando una prova di vitale importanza.
    Quando si fece una certa ora dovette smettere, dato che ormai Munechika stava per tornare da tutte quelle lezioni e andò a recuperare il fratellino, chiudendosi nella sua stanza.

    "Allora, hai scoperto qualcosa? Domani riprendiamo, appena il fratellone se ne va: ora sarebbe davvero troppo pericoloso." sperava che la ricerca dell'altro, a differenza della propria avesse portato a qualcosa di buono.
    "Purtroppo no: non ho fatto domande molto specifiche, ma coloro a cui ho chiesto non sanno nulla a quanto pare, mi dispiace..." un buco nell'acqua: ecco cos'era stata quella ricerca e gli dispiaceva molto, perché aveva voluto rendersi utile, ma non vi era riuscito e soprattutto aveva voluto impressionarlo, ma nulla.
    "Su, non ti preoccupare: può anche essere che nessuno ne sappia nulla, quindi non ti buttare giù di morale, va tutto bene." gli si avvicinò e lo abbracciò di scatto, stringendolo a sé. "Piuttosto, mi fa piacere che tu abbia accettato di aiutarmi: non so perché, ma non me lo aspettavo minimamente." un piccolo sorrise apparve sulle labbra del più grande, mentre si staccava infine da quell'abbraccio che lui stesso aveva iniziato.
    "Sì ma... Uff, mi dispiace in ogni caso: volevo risultare utile, ma non sono riuscito a trovare nulla di nulla." ricambiò il suo abbraccio con un lieve sorriso sulle labbra: se a lui andava bene così... Poteva anche smetterla di preoccuparsi così tanto, no? "Se avrai bisogno di qualsiasi altra cosa, sappi che sono sempre disponibile ad aiutarti: mi fa davvero piacere rendermi utile in qualche modo." si stiracchiò un attimo, andando a sedersi sul proprio letto.
    "Se non mi aiutassi ci metterei il doppio del tempo e in questo modo facciamo qualcosa insieme: certo, non è una cosa così bella, però... Sempre meglio di nulla, no?" gli scompigliò momentaneamente i capelli, prima che lui si sedesse sul letto. "Finché questa specie di missione non sarà finita, potrai aiutarmi ovviamente, se non ti stancherai, dato che immagino possa risultare una rottura dopo un po'. Capisci bene però, che facendolo da solo, impiegherei un sacco di tempo e essere in due è sempre una buona cosa."

    Lo salutò e se ne tornò nella propria camera, sospirando lievemente: era una pazzia quella, o avrebbe portato davvero a qualcosa? Sarebbe riuscito a trovare la verità?

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